Meccanismo che lega decisione e
valore nella corteccia OF
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 11 novembre
2023.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La corteccia orbitofrontale (OFC, da orbitofrontal cortex)
dei primati è studiata da molto tempo per il suo ruolo nel processo
decisionale dipendente da stime di valore. La rappresentazione del valore
nella corteccia cerebrale, quale caso particolare dei correlati del valore
biologico nel sistema nervoso centrale, costituisce un tema e un problema
affascinante della ricerca, che non sembra vicino ad essere risolto in termini
di codificazione, ma che è bene conosciuto per ciò che concerne i correlati costantemente
indagati. L’ambito sperimentale del decision
making ha fornito numerosi elementi sulle caratteristiche neurofisiologiche
della corteccia orbitofrontale in questi processi, ma finora la definizione
dell’esatto meccanismo che associa le rappresentazioni del
valore nella corteccia orbitofrontale agli esiti comportamentali misurabili
delle decisioni non è stata possibile.
Vincent B. McGinty e Shira
M. Lupkin della Rutgers University, hanno affrontato
il problema in primati non-umani, ottenendo risultati di sicuro rilievo.
(Vincent
B. McGinty & Shira M. Lupkin, Behavioral read-out from population value signals
in primate orbitofrontal cortex. Nature Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41593-023-01473-7,
2023).
La provenienza degli autori è la seguente: Center for
Molecular and Behavioral Neuroscience, Rutgers University – Newark, Newark, New
Jersey (USA); Behavioral and Neural
Sciences Graduate Program, Rutgers University – Newark, Newark, New Jersey (USA).
La corteccia orbitofrontale (OFC) si
identifica con la parte ventrale della corteccia prefrontale, nell’uomo e negli
altri primati. Secondo la descrizione classica dell’anatomia umana normale,
corrisponde principalmente alle aree 11 e 13 della ripartizione topografica di
Brodmann. La sindrome prefrontale orbitale o sindrome orbitofrontale può
derivare da una varietà di processi patologici, fra cui spiccano i tumori
cerebrali e l’aneurisma dell’arteria comunicante anteriore.
L’attenzione è disturbata nella sua
componente di filtro selettivo: il paziente appare incapace di inibire le
interferenze in ciò che sta facendo da parte di stimoli esterni e tendenze
interne. La mancanza di controllo dell’interferenza si ritiene sia all’origine
di sintomi quali l’imitazione di altri e il comportamento di
utilizzazione, che consiste nella compulsione irrefrenabile a prendere e
utilizzare gli oggetti nuovi che il paziente vede intorno a sé (Lhermitte et
al., 1986).
Un altro sintomo caratteristico
è la perseverazione[1], consistente nel continuare a produrre una risposta
o un comportamento dopo che è cessato lo stimolo che lo ha prodotto. Nell’esame
del linguaggio di un paziente che ha subito un danno corticale, per verificare
se c’è lesione frontale, si chiede al paziente, ad esempio, con che cosa si
copre la testa per proteggerla dal freddo, e il paziente risponde: “Cappello”.
Poi, sempre mostrandogli delle immagini del repertorio di oggetti che
costituiscono le risposte, gli si chiede con quale cosa si taglia il pane, e, subito
dopo, con che cosa si scrive, e il paziente con lesione orbitofrontale, pur
potendo indicare correttamente il coltello e la penna, in molti casi continuerà
a rispondere: “Cappello”.
Sintomo frequente è l’ipermotilità
orbito-frontale, uno stato di alterazione neurofunzionale che si può
descrivere come l’opposto dell’ipomotilità e mancanza
di spontaneità della sindrome apatica, causata da lesioni laterali o mediali. L’ipermotilità orbito-frontale si manifesta con
uno stato iperattivo, un continuo prendere iniziative e un rapido e incessante
succedersi di azioni e propositi eseguiti, tali che il paziente sembra dotato
di una illimitata riserva energetica e di un’impulsività irrefrenabile, che in
genere lo inducono a prolungare la veglia e a dedicare solo poche ore al sonno.
Il tono dell’umore in una percentuale sempre significativa
– ma variabile da uno studio all’altro – è caratterizzato da euforia. Come
nell’eccitazione ipomaniacale, lo stato euforico non è stabilmente accompagnato
da affettività positiva, ma affiora spesso una certa instabilità dell’umore,
che sfocia in irritabilità e a volte in una ideazione simil-delirante e
tendente a interpretare in modo avverso o addirittura persecutorio atti e comportamenti
neutri, in qualche caso configurando idee di riferimento, assimilate dagli
autori americani ai deliri di persecuzione del disturbo psicotico paranoico. Ma
questa evenienza è rara.
Più di frequente invece si registra la disinibizione
istintuale e un cambiamento radicale nell’atteggiamento etico, con alterazione
del giudizio morale. Questi due segni, accanto a un incostante cambiamento
della personalità dipendente dall’estensione della lesione, fanno pensare al
prototipo di lesione del lobo frontale della neurologia classica, ossia al caso
del capo-operaio Phineas Gage che, ammassando con una sbarra esplosivo in un
foro di un muro da abbattere in un cantiere, provocò involontariamente l’esplosione
e la sbarra gli trapassò il cranio uscendo dalla sommità dopo avergli causato
una sorta di leucotomia prefrontale focale. Gage
diventò disinibito e sembrava non avere più i suoi principi morali. Joaquin
Fuster scrive in proposito: “I pazienti orbitofrontali
possono mostrare col loro comportamento un palese disinteresse anche per i più
elementari principi etici”[2].
La sociopatia criminale è stata accostata
alla sindrome orbitofrontale soprattutto a causa della mancanza di senso
morale, senso di colpa e responsabilità, che accomuna gli psicopatici che sviluppano
condotte criminali alle persone affette da lesione prefrontale nella regione
ventrale del lobo. Anche se all’inizio di questi studi (Gorenstein,
1982; Lapierre, 1995) sono state rilevate ed enfatizzate le analogie, in
seguito sono state riconosciute le differenze.
Un altro parallelo è stato fatto tra il disturbo
dell’attenzione con iperattività (ADHD) e la sindrome orbitofrontale;
in questo caso il senso morale è conservato e la disinibizione sembra riguardare
quasi esclusivamente il versante motorio; in ogni caso, le alterazioni dell’attenzione
dei pazienti con danno orbitofrontale sono in genere differenti.
La ricerca sul ruolo nel processo decisionale
della corteccia orbitofrontale ebbe una svolta quando Rogers e colleghi
rilevarono che il deficit dietetico di triptofano, che porta a deficit di 5-HT,
altera la decisione in una prova sperimentale in cui si deve scegliere tra
azzardo e scelta sicura, e Bechara e colleghi (1998)
misero a punto una gambling task che risultava sensibile al danno alla
corteccia orbitofrontale.
In pratica, il soggetto deve scegliere tra una
piccola ricompensa quasi sicura e una ricompensa grandissima ma altamente
improbabile: le persone con lesione orbitofrontale scelgono la seconda, a
differenza della stragrande maggioranza dei volontari. Sembra che la lesione
renda questi pazienti incapaci di resistere all’impulso di tentare di ottenere
una grande ricompensa, anche se la possibilità non è ragionevole. Si ritiene
che questo sia effetto della perdita di inibizione, come nel caso del
deficit di serotonina, in quanto il controllo inibitorio della spinta
infantile verso la gratificazione massima e immediata sarebbe la precondizione
necessaria per l’esercizio di una serena valutazione ragionata della scelta
più assennata.
Dopo questa sintetica introduzione sulla corteccia
orbitofrontale, ritorniamo allo studio qui recensito.
Vincent B. McGinty e Shira
M. Lupkin dimostrano, in primati non-umani, che la
variabilità delle scelte rispetto alle prove sperimentali può essere
spiegata dalla variabilità nel valore dei segnali decodificati da molti
neuroni della corteccia orbitofrontale (OFC) registrati simultaneamente nel
corso degli esperimenti.
In termini di meccanismo questo rapporto è coerente
con la proiezione di attività, all’interno di un sotto-spazio codificante
valore di basso livello dimensionale, su un sotto-spazio di output
potenzialmente superiore in termini dimensionali e potente in termini comportamentali.
L’identificazione di questo collegamento tra livello
neurale e livello comportamentale risponde ad annose domande circa il ruolo
della regione OFC nel processo decisionale economico e suggerisce meccanismi
di lettura al livello di popolazioni neuroniche, simili a quelli identificati
di recente nella corteccia sensoriale e nella corteccia motoria.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-11 novembre 2023
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